Coraggio, amici!
Dio ci vuole forti. In questi giorni in cui sperimentiamo la nostra pochezza umana di fronte ad un nemico invisibile, carichi come siamo – chi più, chi meno – anche dei nostri problemi quotidiani, dobbiamo essere vigili. Il che significa, prima di tutto, cercare di dare un senso a quello che accade usando la nostra Libertà, che è il dono più grande che Dio ha dato agli uomini.
Vi invito a non inseguire il bombardamento delle notizie che provengono da più parti. Cerchiamo di essere selettivi. Questo è il consiglio che mi permetto di darvi. Leggiamo e ascoltiamo chi riesce a suscitare in noi una riflessione che sia di conforto alla nostra anima, che ci porti a ragionare, ad esprimere un “retto giudizio” – come lo chiama Gesù – su quello che avviene.
Se non trovassimo parole di conforto negli uomini, ricordiamoci che esiste una Parola che vale in eterno. E’ quella del “Verbo che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Teniamoci stretta quella Parola, andiamo a rileggerla, alla luce del Magistero e della Tradizione della Chiesa. Non importa se non ne capiamo esattamente il significato. Gesù molte volte parla per parabole a uomini che non erano abituati ad ascoltare quel tipo di linguaggio, di parole, di metafore. Avverte i Suoi discepoli che quando saranno sorretti dall’alito dello Spirito Santo, comprenderanno. Noi siamo come quegli uomini. Piano, piano, quella Parola, letta e riletta, tornerà a scavare nei nostri cuori, se riacquisteremo la fede. Anche se non abbiamo visto. Saremo beati, per questo, come dice Gesù: “Beati coloro che non avranno visto e crederanno”.
Lo Spirito Santo ci aiuterà. Comprenderemo la nostra vita, i nostri comportamenti. Daremo un senso alle nostre preoccupazioni, alle nostre angosce. Daremo valore alle nostre lacrime su questa terra – che spesso ipocritamente mascheriamo – alla quale pensiamo di appartenere, ma alla quale non siamo destinati per disegno divino. Il nostro corpo sarà mangiato dai vermi, quando periremo, ma con la Risurrezione – se ne saremo degni – riacquisterà le sue sembianze. Saremo corpo e spirito al cospetto di Dio.
Se ci nutriamo della Parola del Verbo, ci ritroveremo – allora, e solo allora – nudi, di fronte a noi stessi. Come in uno specchio. Vedremo la nostra pochezza di uomini affannati, in cerca di conferme umane, che sono effimere, vuote, prive di senso. Quello sarà il momento più importante, perchè potremo “leggere” la nostra vita attraverso un altro “sentire”. Quello della nostra anima, che cerca continuamente il suo approdo, che non si trova su questa Terra, ma nel Cielo.
Terra e Cielo passeranno, dice il Cristo, ma le mie parole non passeranno. Scopriremo che le parole del Cristo “ci appartengono”. Vivono “con” e “per” la nostra vita. Sono le sole parole di Verità. Le sole parole che possono davvero governare la nostra vita, farci diventare servi, non di questa o quella ideologia mondana, di questa o quella “merce” terrena che ha la forza di attrarci, di questo o quell’idolo che ci costruiamo sulla terra, ma servi inutili di Dio. Perchè Dio ci vuole così: Suoi servi inutili. Lui può fare a meno di noi. Noi non possiamo fare a meno di Lui, perchè la nostra vita è stata “scolpita” dal Suo soffio d’amore. Lui ci ha creati a Sua immagine e somiglianza perchè qui – su questa terra che viviamo – diventassimo testimoni della Sua Grandezza, della Sua bellezza, della Sua Potenza, della Sua Giustizia, della Sua Misericordia. Perchè conducessimo una vita pervasa dalla carità, dall’amore, verso noi stessi e verso il prossimo, anche verso i nemici.
Anche il diavolo invidia questo nostro rapporto con Dio, perchè lui non potrà più averlo. L’aveva quel rapporto, era l’angelo più potente, il più amato da Dio, ma lo rifiutò, perchè voleva essere come Dio. Questa è stata la ragione della sua ribellione e della missione che si è data: attrarre a se stesso coloro che Dio ama. Dio permette che quest’opera del maligno – iniziata con il dialogo con la prima donna e portata a termine dalla scelta che fece il primo uomo – continui a compiersi. Perciò Suo Figlio ha insegnato a pregare “non ci indurre in tentazione”. Non perchè Dio tenta, ma perchè Dio consente che, attraverso l’opera del diavolo, noi siamo tentati. Dio ci mette alla prova, perchè ci vuole purificare. Vuole che il nostro stare sulla terra poggi su basi solide, perfette. Vuole che noi imitiamo Suo Figlio, che si è immolato per la nostra salvezza. Vuole che assomigliamo a Suo Figlio, in tutto e per tutto. Vuole che ci guadagniamo il privilegio di giudicare gli angeli. Pensiamo solo a questo! Vuole che noi torniamo a diventare – per sempre – abitanti della dimora che ha costruito per noi: il Paradiso. A noi, poveri peccatori redenti dal Cristo, toccherà questo destino, se sapremo meritarlo.
Potremo meritarlo se riscopriremo l’esistenza di Dio, perchè Dio l’abbiamo abbandonato. Non lo invochiamo. Tra tutte le parole che ascoltiamo in questi giorni, ce n’è una che non viene mai pronunciata. E’ la parola “Dio”. Al Suo posto ci affidiamo alla scritta “Andrà tutto bene”, quasi a voler dire che lo stabiliamo noi se andrà tutto bene, come vogliamo stabilire noi tutto quello che ci riguarda. Quando dare la vita e quando toglierla. Questo lo può fare solo Dio e i Suoi castighi servono anche a questo. A farcelo ricordare.
Così come servono a ricordarci e ad invitarci alla penitenza – altrimenti, come dice Gesù, “periremo tutti similmente” – e a pensare alla morte.
Quando, tre mesi fa, mi hanno diagnosticato il carcinoma alla prostata, con il quale convivo, ho pensato molto alla morte, molto più di quanto avessi fatto prima. E’ un pensiero che mi accompagna quotidianamente. Con tutto il carico dei miei peccati, mi sono abbandonato alla volontà di Dio, perchè so che Lui sceglie il meglio per me.
Nel “Cantico delle creature”, San Francesco d’Assisi scriveva: “Lodato sii mio Signore per la morte del corpo, dalla quale nessun essere umano può fuggire, guai a quelli che moriranno nel peccato mortale. Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. La seconda morte, non farà loro alcun male”.
A questo bisogna pensare, in questi frangenti della nostra vita terrena: a rimanere in uno stato di Grazia, a non farci cogliere dalla morte in una situazione che ci può portare alla “seconda morte”, quella eterna, alla nostra dannazione.
Per salvarci, impariamo a ricapitolare in Cristo tutte le cose, come ci invita a fare San Paolo. Pensiamo e preghiamo il Cristo, che è ora nelle mani di quei sacerdoti che celebrano a porte chiuse.
Alcuni anni fa, quando iniziai a partecipare alla Santa Messa a Santa Maria in Vado, a Ferrara, un caro amico sacerdote di Familia Christi mi descrisse quanto avvenne il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, sull’altare dove celebrava Pietro da Verona, Priore dei Monaci Lateranensi, assistito da altri due padri. Scrive Don Lorenzo Colagiovanni, in un libretto pubblicato nel 1936: «Nel momento della ‘Fractio panis’, spezzando il sacerdote, come prescrive la liturgia, le sacre specie, con sacro terrore del celebrante, e con immensa meraviglia del popolo fedele, che stipava in quell’occasione il sacro tempio, fu visto da tutti sprizzare dall’Ostia Santa un abbondante getto di sangue che il catino sovrastante ne rimase tutto asperso e rosseggiante. Non mancò chi asserì aver veduto la sacra particola essere divenuta in quell’istante del colore di carne, come non mancarono altri, i quali affermarono aver notato nella stessa Ostia, sorridere la figura di un vezzoso bambino». La notizia di quanto era avvenuto si propagò di voce in voce, per le vie della città. Alla Chiesa accorsero il Vescovo di Ferrara e l’Arcivescovo di Ravenna, che videro il segno del miracolo – “il sangue che vivissimo rosseggiava sulla volta dell’altare” – e, prese le informazioni dai testimoni oculari, dichiararono essere quello “vero realissimo sangue miracoloso di Nostro Signore. Il miracolo venne così descritto da Girardo di Cambrai, nel 1197: “A Ferrara, in Italia, in questi nostri tempi, l’ostia nel giorno di Pasqua si trasformò in un piccolo pezzo di carne”.
Preghiamo, come ci ha insegnato a fare la Chiesa: “O Padre, Dio onnipotente e misericordioso, che nel Sangue prezioso del Tuo unico Figlio hai redento il mondo, rinnova l’effusione redentrice del Suo Sangue per noi e per tutta l’umanità, perchè otteniamo sempre frutti abbondanti di vita eterna. Per Cristo Nostro Signore. Amen”.
Nelle intenzioni di questa preghiera mettiamo tutti coloro che con abnegazione stanno curando i malati negli ospedali e coloro che stanno soffrendo dal punto di vista fisico e spirituale. Preghiamo per le anime di coloro che hanno perso la vita e per i loro familiari.
Da bambino, nella settimana di Pasqua, mi affacciavo dal balcone di casa mia per assistere alla processione delle statue che descrivevano lo strazio e il supplizio del Signore, preceduta qualche giorno prima dalla processione della statua della Madonna addolorata. Mia nonna, che era con me, si commuoveva sempre ed io con lei. Il “popolo di Dio” partecipava anche così – un “tempo” – alla “Pasqua del Signore”.
Preghiamo perchè quel “tempo” ritorni. Perchè il “popolo di Dio” non sventoli dai suoi balconi le bandiere dell’arcobaleno, ma s’inginocchi davanti alla Croce di Cristo.
Coraggio, amici! – Danilo Quinto – 13 marzo 2020
Dio ci vuole forti. In questi giorni in cui sperimentiamo la nostra pochezza umana di fronte ad un nemico invisibile, carichi come siamo – chi più, chi meno – anche dei nostri problemi quotidiani, dobbiamo essere vigili. Il che significa, prima di tutto, cercare di dare un senso a quello che accade usando la nostra Libertà, che è il dono più grande che Dio ha dato agli uomini.
Vi invito a non inseguire il bombardamento delle notizie che provengono da più parti. Cerchiamo di essere selettivi. Questo è il consiglio che mi permetto di darvi. Leggiamo e ascoltiamo chi riesce a suscitare in noi una riflessione che sia di conforto alla nostra anima, che ci porti a ragionare, ad esprimere un “retto giudizio” – come lo chiama Gesù – su quello che avviene.
Se non trovassimo parole di conforto negli uomini, ricordiamoci che esiste una Parola che vale in eterno. E’ quella del “Verbo che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Teniamoci stretta quella Parola, andiamo a rileggerla. Non importa se non ne capiamo esattamente il significato. Gesù molte volte parla per parabole a uomini che non erano abituati ad ascoltare quel tipo di linguaggio, di parole, di metafore. Avverte i Suoi discepoli che quando saranno sorretti dall’alito dello Spirito Santo, comprenderanno. Noi siamo come quegli uomini. Piano, piano, quella Parola, letta e riletta, tornerà a scavare nei nostri cuori, se riacquisteremo la fede. Anche se non abbiamo visto. Saremo beati, per questo, come dice Gesù: “Beati coloro che non avranno visto e crederanno”.
Lo Spirito Santo ci aiuterà. Comprenderemo la nostra vita, i nostri comportamenti. Daremo un senso alle nostre preoccupazioni, alle nostre angosce. Daremo valore alle nostre lacrime su questa terra – che spesso ipocritamente mascheriamo – alla quale pensiamo di appartenere, ma alla quale non siamo destinati per disegno divino. Il nostro corpo sarà mangiato dai vermi, quando periremo, ma con la Risurrezione – se ne saremo degni – riacquisterà le sue sembianze. Saremo corpo e spirito al cospetto di Dio.
Se ci nutriamo della Parola del Verbo, ci ritroveremo – allora, e solo allora – nudi, di fronte a noi stessi. Come in uno specchio. Vedremo la nostra pochezza di uomini affannati, in cerca di conferme umane, che sono effimere, vuote, prive di senso. Quello sarà il momento più importante, perchè potremo “leggere” la nostra vita attraverso un altro “sentire”. Quello della nostra anima, che cerca continuamente il suo approdo, che non si trova su questa Terra, ma nel Cielo.
Terra e Cielo passeranno, dice il Cristo, ma le mie parole non passeranno. Scopriremo che le parole del Cristo “ci appartengono”. Vivono “con” e “per” la nostra vita. Sono le sole parole di Verità. Le sole parole che possono davvero governare la nostra vita, farci diventare servi, non di questa o quella ideologia mondana, di questa o quella “merce” terrena che ha la forza di attrarci, di questo o quell’idolo che ci costruiamo sulla terra, ma servi inutili di Dio. Perchè Dio ci vuole così: Suoi servi inutili. Lui può fare a meno di noi. Noi non possiamo fare a meno di Lui, perchè la nostra vita è stata “scolpita” dal Suo soffio d’amore. Lui ci ha creati a Sua immagine e somiglianza perchè qui – su questa terra che viviamo – diventassimo testimoni della Sua Grandezza, della Sua bellezza, della Sua Potenza, della Sua Giustizia, della Sua Misericordia. Perchè conducessimo una vita pervasa dalla carità, dall’amore, verso noi stessi e verso il prossimo, anche verso i nemici.
Anche il diavolo invidia questo nostro rapporto con Dio, perchè lui non potrà più averlo. L’aveva quel rapporto, era l’angelo più potente, il più amato da Dio, ma lo rifiutò, perchè voleva essere come Dio. Questa è stata la ragione della sua ribellione e della missione che si è data: attrarre a se stesso coloro che Dio ama. Dio permette che quest’opera del maligno – iniziata con il dialogo con la prima donna e portata a termine dalla scelta che fece il primo uomo – continui a compiersi. Perciò Suo Figlio ha insegnato a pregare “non ci indurre in tentazione”. Non perchè Dio tenta, ma perchè Dio consente che, attraverso l’opera del diavolo, noi siamo tentati. Dio ci mette alla prova, perchè ci vuole purificare. Vuole che il nostro stare sulla terra poggi su basi solide, perfette. Vuole che noi imitiamo Suo Figlio, che si è immolato per la nostra salvezza. Vuole che assomigliamo a Suo Figlio, in tutto e per tutto. Vuole che ci guadagniamo il privilegio di giudicare gli angeli. Pensiamo solo a questo! Vuole che noi torniamo a diventare – per sempre – abitanti della dimora che ha costruito per noi: il Paradiso. A noi, poveri peccatori redenti dal Cristo, toccherà questo destino, se sapremo meritarlo.
Potremo meritarlo se riscopriremo l’esistenza di Dio, perchè Dio l’abbiamo abbandonato. Non lo invochiamo. Tra tutte le parole che ascoltiamo in questi giorni, ce n’è una che non viene mai pronunciata. E’ la parola “Dio”. Al Suo posto ci affidiamo alla scritta “Andrà tutto bene”, quasi a voler dire che lo stabiliamo noi se andrà tutto bene, come vogliamo stabilire noi tutto quello che ci riguarda. Quando dare la vita e quando toglierla. Questo lo può fare solo Dio e i Suoi castighi servono anche a questo. A farcelo ricordare.
Così come servono a ricordarci e ad invitarci alla penitenza – altrimenti, come dice Gesù, “periremo tutti similmente” – e a pensare alla morte.
Quando, tre mesi fa, mi hanno diagnosticato il carcinoma alla prostata, con il quale convivo, ho pensato molto alla morte, molto più di quanto avessi fatto prima. E’ un pensiero che mi accompagna quotidianamente. Con tutto il carico dei miei peccati, mi sono abbandonato alla volontà di Dio, perchè so che Lui sceglie il meglio per me.
Nel “Cantico delle creature”, San Francesco d’Assisi scriveva: “Lodato sii mio Signore per la morte del corpo, dalla quale nessun essere umano può fuggire, guai a quelli che moriranno nel peccato mortale. Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. La seconda morte, non farà loro alcun male”.
A questo bisogna pensare, in questi frangenti della nostra vita terrena: a rimanere in uno stato di Grazia, a non farci cogliere dalla morte in una situazione che ci può portare alla “seconda morte”, quella eterna, alla nostra dannazione.
Per salvarci, impariamo a ricapitolare in Cristo tutte le cose, come ci invita a fare San Paolo. Pensiamo e preghiamo il Cristo, che è ora nelle mani di quei sacerdoti che celebrano a porte chiuse.
Alcuni anni fa, quando iniziai a partecipare alla Santa Messa a Santa Maria in Vado, a Ferrara, un caro amico sacerdote di Familia Christi mi descrisse quanto avvenne il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, sull’altare dove celebrava Pietro da Verona, Priore dei Monaci Lateranensi, assistito da altri due padri. Scrive Don Lorenzo Colagiovanni, in un libretto pubblicato nel 1936: «Nel momento della ‘Fractio panis’, spezzando il sacerdote, come prescrive la liturgia, le sacre specie, con sacro terrore del celebrante, e con immensa meraviglia del popolo fedele, che stipava in quell’occasione il sacro tempio, fu visto da tutti sprizzare dall’Ostia Santa un abbondante getto di sangue che il catino sovrastante ne rimase tutto asperso e rosseggiante. Non mancò chi asserì aver veduto la sacra particola essere divenuta in quell’istante del colore di carne, come non mancarono altri, i quali affermarono aver notato nella stessa Ostia, sorridere la figura di un vezzoso bambino». La notizia di quanto era avvenuto si propagò di voce in voce, per le vie della città. Alla Chiesa accorsero il Vescovo di Ferrara e l’Arcivescovo di Ravenna, che videro il segno del miracolo – “il sangue che vivissimo rosseggiava sulla volta dell’altare” – e, prese le informazioni dai testimoni oculari, dichiararono essere quello “vero realissimo sangue miracoloso di Nostro Signore. Il miracolo venne così descritto da Girardo di Cambrai, nel 1197: “A Ferrara, in Italia, in questi nostri tempi, l’ostia nel giorno di Pasqua si trasformò in un piccolo pezzo di carne”.
Preghiamo, come ci ha insegnato a fare la Chiesa: “O Padre, Dio onnipotente e misericordioso, che nel Sangue prezioso del Tuo unico Figlio hai redento il mondo, rinnova l’effusione redentrice del Suo Sangue per noi e per tutta l’umanità, perchè otteniamo sempre frutti abbondanti di vita eterna. Per Cristo Nostro Signore. Amen”.
Nelle intenzioni di questa preghiera mettiamo tutti coloro che con abnegazione stanno curando i malati negli ospedali e coloro che stanno soffrendo dal punto di vista fisico e spirituale. Preghiamo per le anime di coloro che hanno perso la vita e per i loro familiari
Da bambino, nella settimana di Pasqua, mi affacciavo dal balcone di casa mia per assistere alla processione delle statue che descrivevano lo strazio e il supplizio del Signore, preceduta qualche giorno prima dalla processione della statua della Madonna addolorata. Mia nonna, che era con me, si commuoveva sempre ed io con lei. Il “popolo di Dio” partecipava anche così – un “tempo” – alla “Pasqua del Signore”.
Preghiamo perchè quel “tempo” ritorni. Perchè il “popolo di Dio” non sventoli dai suoi balconi le bandiere dell’arcobaleno, ma s’inginocchi davanti alla Croce di Cristo.