Ego sum lux mundi
Quando l’Uomo-Dio decise di rendere pubblica la Sua opera di salvezza per l’umanità, disse agli Scribi e ai Farisei, dopo che questi Gli avevano presentato il caso dell’adultera per tentare subdolamente di coglierLo in errore: «Ego sum lux mundi, qui sequitur me non ambulat in tenebris» (Giov. 8, 12).
Coloro che concorsero in maniera determinante, sobillando il popolo, alla crocifissione della lux mundi – anche se ancora ora non lo avvertono, presi come sono dalla loro idea di possedere il mondo intero, ne pagheranno le conseguenze di generazione in generazione, a meno che non si convertano – si comportarono come oggi si comportano uomini di Chiesa, che agiscono sulla base del solco diabolico tracciato dal Concilio Vaticano II e liberali, democratici e modernisti della società cosiddetta civile, uniti nella loro opera distruttiva e malefica alle elites di massoni che dominano il mondo e intendono forgiare ai loro disegni le nostre vite, sottraendole alla Luce e consegnandole alle tenebre.
Nell’Ego sum è riassunta l’intera rivelazione cristiana, che è amore di una Persona che sceglie di essere seviziata e uccisa per accollarsi i peccati di coloro che erano vissuti prima di Lui, di coloro che sono vissuti dopo di Lui fino alla fine dei tempi e risorge per donare speranza certa della vera vita, quella eterna.
Chi ha fede, vive ogni giorno l’attualità ed anche il dramma, inteso come mistero, di questa speranza: rispetto alla gerarchia ecclesiastica e al potere politico e civile, che non è più soggetto, come invece avveniva nei secoli passati, ai diritti di Dio, ma si prostra davanti a poteri occulti e spietati, in grado di far soggiacere gli uomini solo ai suoi biechi interessi.
Mentre la vita su questa Terra che vive senza Dio – sostituito da idoli pagani e mondani che sono incarnazione di demoni – diventa sempre più grama, la luce della speranza rimane viva ripensando alle vite dei santi dei secoli passati, che consideravano tutto quello che li circondava, cose e persone, come mezzo per servire e onorare solo Nostro Signore Gesù Cristo, non il mondo e i tesori terreni, come risulta chiarissimamente dalla parabola del giovane ricco (Mt 19, 16-22). Abbiamo detto secoli passati perché di questi tempi i santi – che pur ci sono – rimangono muti. Forse è Dio che non permette loro di manifestarsi, perché vuole che il Male si manifesti nella sua interezza, nella sua pienezza. Così, chi, nel contesto di questa dissoluzione, ha conservato la fede, rimane solo. Sente profondamente, nel suo intimo, di vivere nel martirio. Ripercorre la strada che scelse di percorrere l’Ego sum, quella del Golgota. Del resto, è questa l’essenza della speranza cristiana: sostenere la Croce di Cristo, come fece Simone di Cirene.
La prova a cui siamo sottoposti è di fuoco, come disse il Primo Apostolo ai suoi contemporanei. Quell’insegnamento vale ancora per l’oggi. Ecco le sue parole: «Carissimi, non vi stupite del gran fuoco accesovi contro per provarvi, come se vi avvenisse una cosa nuova. Ma dovete rallegrarvi di partecipare ai patimenti di Cristo, affinchè vi rallegriate ed esultiate quando si manifesterà la Sua gloria. Se siete trattati ignomigniosamente per il nome di Cristo, sarete beati, poiché l’onore, la gloria e la virtù di Dio e lo Spirito di Lui riposa su di voi. Nessuno di voi soffra come omicida, o ladro, o maldicente, o insidiatore del bene altrui. Se poi soffre come cristiano, non se ne vergogni; ma dia gloria a Dio per tale nome. Perché ormai è tempo che cominci il giudizio dalla casa di Dio. E se comincia prima da noi quale sarà la fine di coloro che non ubbidiscono al Vangelo di Dio? E se il giusto a stento sarà salvato, dove compariranno l’empio e il peccatore? Perciò, anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino le loro anime al Creatore fedele, praticando il bene» (1 Pt 4, 12-19).
Ci soccorra, allora, in questa prova di fuoco (non è per caso che dal Padre Nostro della Nuova Chiesa sia stato cancellato il non indurci in tentazione) la speranza di poter essere assolti da Gesù Cristo, nel momento della conclusione di questa nostra vita. Che Egli ci introduca alla visione beatifica di Suo Padre. Per questa ragione, invochiamo gli Angeli, perché ci soccorrano nel nostro cammino, appelliamoci alla Santa Madre di Dio, perché ci tenga al riparo dalle insidie di colui che si ribellò al Creatore, chiediamo a Nostro Signore di farci vedere sempre la Sua Luce vivida, che sovrasta le miserie e le ingiustizie di questo mondo. Scriveva il più grande romanziere di tutti i tempi, Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Lettere sulla creatività, Feltrinelli, Milano 1991, pag 51): «Le dirò, io sono figlio del mio secolo, figlio della miscredenza e del dubbio, e non solo fino ad oggi, ma tale resterò (lo so con certezza) fino alla tomba. Quali terribili sofferenze mi è costata – e mi costa tuttora – questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti appaiono gli argomenti a essi contrari! Ciò nonostante, Iddio mi manda sereno talora degli istanti in cui mi sento perfettamente sereno; in quegli istanti io scopro di amare e di essere amato dagli altri, e appunto in quegli istanti io ho concepito un simbolo della fede, un Credo, in cui tutto per me è chiaro e santo. Questo Credo è molto semplice e suona così: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, più virile e più perfetto di Cristo; anzi non soltanto non c’è, ma addirittura, con geloso amore mi dico che non ci può essere. Non solo, ma arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità».
Santo Natale a Voi e alle Vostre famiglie.
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