Gli “una cum”? Al rogo!
È il papa, ma non agisce per il bene della Chiesa. Non è il papa, perché Benedetto XVI si è dichiarato egli stesso in sede impedita. Bergoglio è, quindi, un usurpatore, eletto in un conclave invalido, condizionato dalla Mafia di San Gallo. È un falso papa. Satanista. Anticristo. Servo di Satana. Chi partecipa alla Santa Messa in cui, nel canone, viene citato, è suo complice. Come se potesse esistere una Chiesa senza gerarchia. Come se decidesse ciascuno di noi chi è papa e chi non è papa.
La verità è un’altra. Dall’inizio del suo pontificato, Bergoglio ha voluto demolire la Morale e la Dottrina cattolica nel solco tracciato da tutti i suoi predecessori, dal Concilio Vaticano II in poi. C’è chi l’ha fatto in maniera elegante e raffinata, lui lo fa in maniera sfacciata e grossolana, ma porta comunque a compimento un disegno promosso da altri – come egli stesso ha dichiarato correttamente più volte – con il concorso della Massoneria. Di quel fumo di Satana – di cui parlò Paolo VI in uno dei suoi rari momenti di resipiscenza – che impregna la Chiesa sin dal sorgere del Modernismo. Benedire il peccato, come fa il suo ultimo atto pubblico, Fiducia supplicans, con la benedizione in Chiesa delle unioni omosessuali – peraltro bistrattando coloro che vivono la condizione omosessuale senza consumare, in castità – è conseguenza di decenni e decenni nel corso dei quali la Chiesa, da Ancilla Domini, è divenuta Ancilla hominis. Con il risultato della scomparsa della dimensione spirituale nella vita degli uomini, che non riescono più a distinguere il bene dal male, a dare valore alla loro vita e alla loro morte, al peccato e al timore di Dio.
Del resto, se le religioni sono tutte eguali, che senso ha credere nel Dio che si è fatto Uomo e si è sacrificato per noi per liberarci dal peccato? Esiste, poi, il peccato?
Quando visita la Sinagoga di Roma, il 17 gennaio 2016, Bergoglio afferma: «Con questa mia visita seguo le orme dei miei Predecessori. Papa Giovanni Paolo II venne qui trent’anni fa, il 13 aprile 1986; e papa Benedetto XVI è stato tra voi sei anni or sono. Giovanni Paolo II, in quella occasione, coniò la bella espressione “fratelli maggiori”, e infatti voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede. Tutti quanti apparteniamo ad un’unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo». Benedetto XVI, nella sua visita del 2010, aveva dichiarato: «Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore (…)». Gli ebrei, per il papa che si dichiarò emerito, non sono da convertire, come per Bergoglio, al quale, il 26 giugno 2016, sull’aereo che lo riporta a Roma dopo il suo viaggio in Armenia, un giornalista tedesco chiede: «Lei oggi ha parlato dei doni condivisi delle Chiese, insieme. Visto che Lei andrà, fra quattro mesi, a Lundt per commemorare il 500° anniversario della Riforma, io penso che forse questo è il momento giusto anche per non ricordare solo le ferite da entrambe le parti, ma per riconoscere i doni della Riforma, e forse – questa è una domanda eretica – per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero o di una qualsiasi riabilitazione». Bergoglio risponde: «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato».
Il 31 ottobre 1983, Giovanni Paolo II scrive al cardinale Giovanni Willebrands, presidente del segretariato per l’unione dei cristiani, ricordando il «teologo che, alla soglia del tempo moderno, ha contribuito in modo sostanziale al radicale cambiamento della realtà ecclesiale e sacrale dell’Occidente. Il nostro mondo fa ancora oggi l’esperienza del suo grande impatto sulla storia (…). È stato messo in luce in modo convincente il profondo spirito religioso di Lutero, animato da una cocente passione per la questione della salvezza eterna». Nello stesso anno, l’11 dicembre, Giovanni Paolo II si reca in visita ad un tempio luterano, così fa, il 14 marzo 2010, Benedetto XVI, che ad Erfurt, dice: «Il pensiero di Lutero, tutta la sua spiritualità erano completamente cristocentrici: “Cosa promuove la causa di Cristo” era per Lutero il criterio decisivo di ermeneutica per l’esegesi della Sacra Scrittura. Tuttavia, ciò presuppone che Cristo sia al centro della nostra spiritualità e che l’amore per lui, mentre viviamo in comunione con lui, sia la guida della nostra vita».
Qualcuno può chiedersi se la statua di Martin Lutero fatta collocare in sala Nervi da Bergoglio abbia qualche autorevole fonte a cui ispirarsi? Altresì, è lecito domandarsi se la trasformazione della Santa Messa da sacrificio incruento di Nostro Signore Gesù Cristo in cena luterana, abbia una qualche attinenza con la degenerazione prodotta molto tempo prima dell’elezione di Bergoglio?
Il 23 maggio 2016, Bergoglio incontra Ahmed al Tayeb, grande imam di Al Azhar. Un gesto di apertura simile a quello di Benedetto XVI, che a Istanbul, il 30 novembre 2006, entra nella Moschea Blu, accompagnato dal Gran Mufti di Istanbul Mustafa Cagrici e, toltosi le scarpe e calzate le pantofole come prescrive la religione islamica, attraversa gli spazi della moschea e si ferma per pregare davanti al al Mihrab, l’edicola islamica rivolta in direzione della Mecca, verso la quale indirizzano le loro preghiere i fedeli musulmani.
Attingendo dalle esperienze di Assisi 1986 e 2011 – quando, rispettivamente, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI convocano i rappresentanti di tutte le religioni e pseudo religioni mondiali per una giornata di preghiera sincretista – il 4 febbraio 2019, durante il viaggio negli Emirati Arabi, al termine della Global Conference of Human Fraternity, davanti a 700 capi religiosi, Bergoglio firma una dichiarazione insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Ahmad al-Tayyib, massima autorità sunnita. La dichiarazione s’inchina di fronte ad un’altare pagano, la Fratellanza umana, che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali, che ricorda la Fratellanza Universale di matrice massonica. Con l’intronizzazione della Pachamama all’interno della Basilica di San Pietro, avvenuta nel mese di ottobre 2019 – non è un caso che il castigo divino del Covid19 inizi poco tempo dopo – Bergoglio chiude il cerchio del concetto della libertà religiosa decretato dal Concilio Vaticano II, ma lo fa in continuità con i suoi predecessori. Anche loro hanno baciato il Corano. Anche loro si sono prostrati nelle moschee. Anche loro sono entrati nelle Sinagoghe senza richiamare alla conversione i loro interlocutori, come Gesù Cristo ha prescritto.
Nell’introduzione di un libro che rappresenta un tesoro di teologia – Quaecumque dixero vobis – Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Lindau, 2011 – mons. Brunero Gherardini (1925-2017), tra i più grandi studiosi del Concilio Vaticano II, si sofferma sul Discorso alla Curia Romana che Ratzinger tiene il 22 dicembre 2005. Benedetto XVI afferma: «Il Concilio Vaticano II, con la nuova definizione del rapporto tra la Fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche, ma in questa apparente discontinuità ha invece mantenuto la sua intima natura e la sua vera identità». Quel discorso, che a parere di mons. Gherardini aveva un chiaro intento programmatico, suscitò molte reazioni, alle quali il papa risponde: «Tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio, o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica (…). Due ermeneutiche contrarie si sono confrontate (…). L’una ha prodotto confusione; l’altra, silenziosamente, ma in modo sempre più visibile, ha portato e porta frutti». Il papa chiama l’una, ermeneutica della continuità e della rottura; l’altra, ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità. A parere di mons. Gherardini, le parole usate da Benedetto XVI «indicano un suo chiaro intento: quello di promuovere il Vaticano II. Mi pare, anzi, ch’esse riflettano un pensiero precedentemente e costantemente espresso. Sotto il nome di Ratzinger, infatti, – da quando, arcor giovane, fu coinvolto nel Concilio fin alle tappe succeessivamente percorse da docente universitario, vescovo, cardinale e papa – si cumulano varie decine d’interventi, scritti e orali, cui un “comune denominatore”, vale a dire la promozione del Vaticano II, conferisce unità e continuità». Ratzinger, ha mantenuto, rispetto al Vaticano II un giudizio sostanzialmente univoco, per Gherardini, che riporta – come egli dice – fior da fiore nell’ambito della vasta produzione ratzingeriana.
C’è di più. Il 20 novembre 2020, ai giovani riuniti ad Assisi, in occasione dell’evento The economy of Francesco, Bergoglio afferma: «L’attuale sistema mondiale è insostenibile, Urge una nuova narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi (…). Abbiamo bisogno di un cambiamento, vogliamo un cambiamento, cerchiamo un cambiamento. Ci manca la cultura necessaria per consentire e stimolare l’apertura di visioni diverse, improntate ad un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi e anche di spiritualità che non si lasci rinchiudere da un’unica logica dominante. Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi – non dimenticatevi questa parola: avviare processi – tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze. Ogni sforzo per amministrare, curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di cambiare gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società. Senza fare questo, non farete nulla». Attraverso il richiamo al concetto di transizione ecologica – così caro alle élite – e utilizzando lo strumento offerto dalla diffusione del virus da Sars-Covid-19, si propongono nuovi stili di vita, nuovi modelli di produzione e consumo, nuove strutture di potere, nuovi gruppi dirigenti. Un Nuovo Ordine Mondiale, insomma.
In termini molto più raffinati, di Nuovo Ordine Mondiale aveva già parlato – ancora più esplicitamente – Ratzinger, nell’ormai lontano 2001. Si trovava a Cernobbio, sul lago di Como, nell’hotel Villa d’Este, già sede, nel 1965 e nel 1987, delle conferenze del Gruppo Bilderberg, per il Seminario organizzato dallo Studio Ambrosetti. Tra i presenti: il padrone di casa, Giorgio Ambrosetti, Gianni Agnelli, il presidente della BCE Wim Duisenberg, l’allora presidente dell’UE, Romano Prodi, Shimon Peres, Henry Kissinger, Valery Giscard d’Estaing, Mario Monti, Giulio Tremonti, Giorgio Napolitano, membri dell’Aspen Italia. L’allora cardinale dice: «(…) Oggi ci troviamo in un secondo illuminismo, che non solo ha lasciato dietro di sé il “Deus sive natura” (di Spinoza), ma ha anche smascherato come irrazionale l’ideologia marxista della speranza e al suo posto ha postulato una méta razionale del futuro, che porta il titolo di Nuovo Ordine Mondiale e ora deve divenire a sua volta la norma etica essenziale. (…) Il Nuovo Ordine Mondiale, della cui necessità non si potrebbe dubitare, dovrebbe essere un ordine mondiale della razionalità. Fin qui tutti sono d’accordo». Ratzinger definisce addirittura il Nuovo Ordine Mondiale, norma etica essenziale. Essenziale a chi, viene da chiedersi? All’uomo, al quale Cristo, con la Sua morte in Croce, ha offerto l’unica possibilità di salvezza dalla dannazione eterna o alle strutture del potere di cui l’uomo si dota su questa terra, che sono tutte prive di qualsiasi ancoraggio spirituale e, quindi, etico e morale, perché appartengono al nemico di Dio? Il Nuovo Ordine Mondiale è il tentativo di un gruppo di uomini di privarsi di Dio e di sostituirsi a Dio. Se questa è la prospettiva che la Chiesa propone, è contraria alla volontà di Dio, il quale non ha creato l’uomo per renderlo servo di altri uomini e dei potentati terreni. L’ha creato a Sua immagine e somiglianza, libero, alla continua ricerca della Verità, della Parola del Cristo. Come diceva san Paolo «Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!» (1Cor 7, 23).
Bergoglio non è l’uomo dell’iniquità di cui parla San Paolo: «Vi preghiamo, o fratelli, per quanto riguarda la venuta del nostro Signore Gesù Cristo e il nostro adunarci con Lui, di non lasciarvi così presto turbare di animo o allarmare, per qualche rivelazione, qualche detto o qualche lettera a noi attribuiti, che presenterebbero come imminente il giorno del Signore. Che nessuno vi illuda in alcun modo. È necessario che prima si verifichi l’apostasia, si manifesti l’iniquo, il dannato, l’avversario, colui che si esalta al di sopra di tutto ciò che porta il nome di Dio o è oggetto di culto, fino a insediarsi nel tempio di Dio, e a proclamarsi Dio. Non ricordate come, quando ero tra voi, vi dicevo queste cose? E voi ben conoscete l’impedimento attuale, per cui l’avversario non può manifestarsi che nel momento assegnatoli. Il mistero d’iniquità infatti già esercita la sua azione nefasta; solo che c’è chi attualmente lo trattiene, fino a chie non venga tolto di mezzo. E allora l’iniquo si manifesterà, ma il Signore Gesù lo distruggerà col soffio della Sua bocca, l’annienterà con lo splendore della Sua venuta».
Bergoglio è il continuatore di un’apostasia all’interno della Chiesa – distruzione dell’ordine sovrannaturale (l’ecumenismo) e dell’ordine naturale (il liberalismo) – che è iniziata e si è sviluppata molto prima del 13 marzo 2013. Scriveva il futuro Pio XII quando era ancora Segretario di Stato di Pio XI: «Noi andiamo ad assistere all’invasione di tutto ciò che è spirituale, la filosofia, la scienza, il diritto, l’insegnamento, le arti, la stampa, la letteratura, il teatro, la religione (…). Sento attorno a me dei novatori che vogliono smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti, darle il rimorso del suo passato storico (…). Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato rinnegherà il suo Dio, in cui la Chiesa dubiterà come Pietro ha dubitato. Essa sarà tentata di credere che l’uomo è diventato Dio, che Suo Figlio non è un simbolo, una filosofia come tante altre, e nelle chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li attende, come la peccatrice piangendo davanti alla tomba vuota: dove l’hanno messo? (…). Sono ossessionato dalle confidenze della Vergine alla piccola Lucia di Fatima. Quest’ostinazione della Buona Signora davanti al pericolo che minaccia la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio che rappresenterà l’alterazione della fede nella sua liturgia, nella sua teologia e nella sua anima (…)».
Che Dio abbia pietà di noi! Santo Anno Nuovo!
(Nella foto: Giovanni Gasparro. San Nicola di Bari schiaffeggia l’eresiarca Ario. Olio su tela / oil on canvas, 100 X 120 cm, 2016. Vienna, collezione privata. Image copyright © Archivio Luciano e Marco Pedicini)
Il mio nuovo libro, appena stampato, s’intitola LA PORTA STRETTA. È dedicato all’esperienza degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. La seconda parte riguarda alcune storie di martiti e convertiti. Il prezzo del libro è di 20 euro. https://www.daniloquinto.it/la-porta-stretta-2/ Chi vuole il libro può scrivere a pasqualedanilo.quinto@gmail.com o inviare un messaggio a 340.0727761.
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