Il Corano di Papa Francesco è diverso da quello di Giovanni Paolo II?
Agli attacchi ricevuti (qui https://www.youtube.com/watch?v=72A65s8ue1c&t=84s; https://www.youtube.com/watch?v=wBkj6AaXmyk&t=108s; https://www.youtube.com/watch?v=GB9v6ud9SMY&t=176s) intendo rispondere con carità cristiana. Ho messo nel conto le offese che provengono da determinati ambienti. Come ha insegnato Gesù Cristo, continuo a proporre la Verità, per coloro che ad essa sono interessati. Non mi interessa di perdere lettori o follower. Mi interessa che anche una sola anima non si lasci fuorviare da tesi pericolose che non fanno bene alla Chiesa di Nostro Signore
Bergoglio è il falso Papa o l’Anticristo? I Papi che l’hanno preceduto non hanno alcuna responsabilità della situazione in cui si trova la Chiesa? Quando Papa Francesco afferma che sta proseguendo e portando a termine l’opera del Concilio dice il vero o il falso? È proprio così?
Esaminiamo uno degli atti più gravi dell’attuale pontefice: il Documento sulla Fratellanza umana per la Pace mondiale e la convivenza comune, firmato a nome della Chiesa cattolica da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar il 4 febbraio 2019.
Il titolo del documento – come ha sostenuto don Mauro Tranquillo, della Fraternità Sacerdotale San Pio X, in un articolo del 19 febbraio 2019 – contiene termini di derivazione massonica: «la fratellanza è un tipico concetto delle logge, sostitutivo della carità e della comunione dei Santi (che implicano la Fede cattolica autentica, unica causa di vera unità tra gli uomini); la pace mondiale, feticcio di tutti gli ecumenisti dai tempi del raduno di Assisi del 1986, è un mito massonico che giustifica la distruzione di ogni elemento divisivo tra gli uomini, particolarmente del cattolicesimo autentico, e che richiama il titolo e le idee del famoso opuscolo di Kant Per la pace perpetua (1795)».
Sui contenuti – precisato che il Dio al quale ci si rivolge nel documento è quello dei Modernisti, quindi il Dio panteistico – è sufficiente rilevare, in sintesi, due punti problematici: 1. Islam e Cristianesimo hanno in comune lo stesso Dio, quindi i dogmi sulla Divinità del Cristo o la Trinità sono irrilevanti, perché dello stesso Dio possono essere affermate o negate queste verità senza che questo ponga problemi. Questo è spiegabile avendo capito la teoria modernista su Dio e sulla fede come sentimento religioso, che può quindi legittimamente esternarsi in formule contraddittorie, proprio perché espressione di sentimento e non di realtà esteriori all’uomo. 2. Le religioni, opportunamente adattate alle necessità attuali del mondo, possono cooperare al bene comune (fratellanza) degli uomini, anzi sono un’importante fattore di quest’opera di costruzione del nuovo mondo di pace.
Questi concetti sono inediti nella Chiesa? Nessun Papa precedente li ha espressi?
Tentiamo di rispondere a queste domande ricorrendo ad una serie di citazioni da discorsi di Giovanni Paolo II:
- 29 novembre 1979 – Discorso ai cattolici di Ankara: «Oggi voi, cristiani residenti qui in Turchia, avete la sorte di vivere nel quadro di uno Stato moderno, che prevede per tutti la libera espressione della fede senza identificarsi con nessuna, e con persone che nella grande maggioranza, pur non condividendo la fede cristiana, si dichiarano “obbedienti a Dio”, “sottomessi a Dio”, anzi “servi di Dio”, secondo le loro stesse parole, che coincidono con quelle di San Pietro già citate (cf. 1Pt 2,16); essi, dunque, condividono con voi la fede di Abramo nel Dio unico, onnipotente e misericordioso. Voi sapete che il Concilio Vaticano II si è pronunciato apertamente su questo argomento, e io stesso nella mia prima enciclica Redemptor Hominis ho ricordato “la stima che il Concilio ha espresso verso i credenti dell’Islam, la cui fede si riferisce anche ad Abramo” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 11. (…) Miei fratelli, quando penso a questo patrimonio spirituale e al valore che esso ha per l’uomo e per la società, alla sua capacità di offrire soprattutto ai giovani un orientamento di vita, di colmare il vuoto lasciato dal materialismo, di dare un fondamento sicuro allo stesso ordinamento sociale e giuridico, mi domando se non sia urgente, proprio oggi in cui i cristiani e i musulmani sono entrati in un nuovo periodo della storia, riconoscere e sviluppare i vincoli spirituali che ci uniscono, al fine di “promuovere e difendere insieme, come ci invita il Concilio, i valori morali, la pace e la libertà” (Ivi). La fede in Dio, professata in comune dai discendenti di Abramo, cristiani, musulmani ed ebrei, quando è vissuta sinceramente e portata nella vita, è sicuro fondamento della dignità, della fratellanza e della libertà degli uomini e principio di retta condotta morale e di convivenza sociale. E vi è di più: in conseguenza di questa fede in Dio creatore e trascendente, l’uomo sta al vertice della creazione. È stato creato, si legge nella Bibbia, “a immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1,27); benché sia fatto di polvere, si legge nel Corano, libro sacro dei Musulmani, “Dio gli ha insufflato il suo spirito e l’ha dotato di udito, vista e di cuore”, cioè di intelligenza (Sura, 32,8)».
- 19 maggio 1985 – Discorso alla comunità musulmana di Bruxelles:«Cristiani e musulmani, ci incontriamo nella fede al Dio unico, nostro Creatore, nostra guida, nostro giudice giusto e misericordioso. Noi tutti ci sforziamo di mettere in pratica nella nostra vita quotidiana la volontà di Dio seguendo l’insegnamento dei nostri rispettivi libri santi. Noi crediamo che Dio trascende il nostro pensiero e il nostro universo e che la sua presenza d’amore ci accompagna ogni giorno. Nella preghiera ci mettiamo in presenza di Dio per adorarlo e rendergli grazie, per chiedere perdono delle nostre colpe e ottenere il suo aiuto e la sua benedizione».
- 19 agosto 1985 – Discorso ai giovani musulmani nello stadio di Casablanca (Marocco):«Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sottomissione alla sua volontà e di fiducia nella sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione. È dunque verso Dio che si rivolge il mio pensiero e che si eleva il mio cuore: è di Dio stesso che desidero innanzitutto parlarvi; di Lui, perché è in Lui che noi crediamo, voi musulmani e noi cattolici, e parlarvi anche dei valori umani che hanno in Dio il loro fondamento, questi valori che riguardano lo sviluppo delle nostre persone, come pure quello delle nostre famiglie e delle nostre società, nonché quello della comunità internazionale» (…) «Credo che noi, cristiani e musulmani, dobbiamo riconoscere con gioia i valori religiosi che abbiamo in comune e renderne grazie a Dio. Gli uni e gli altri crediamo in un Dio, il Dio unico, che è pienezza di giustizia e pienezza di misericordia; noi crediamo all’importanza della preghiera, del digiuno e dell’elemosina, della penitenza e del perdono; noi crediamo che Dio ci sarà giudice misericordioso alla fine dei tempi e noi speriamo che dopo la risurrezione egli sarà soddisfatto di noi e noi sappiamo che saremo soddisfatti di lui».
Parole simili furono pronunciate da Papa Wojtyla in Senegal il 22 febbraio 1992, a Cartagine in Tunisia il 14 aprile 1996, a Sarajevo il 13 aprile 1997…
«La fonte di questi discorsi, come ha chiaramente affermato Papa Francesco», scrive don Mauro Tranquillo, «sta nel Concilio Vaticano II, e precisamente nella sua lettera, non solo nel famigerato spirito. Papa Francesco può a pieno titolo rivendicare di non essersi mosso un millimetro dal Concilio (né, come abbiamo visto, da Giovanni Paolo II), perché il Concilio era già abbastanza avanti. Nella dichiarazione conciliare Nostra aetate n. 3, già citata da Giovanni Paolo II stesso, si legge: «La Chiesa guarda con stima i musulmani che adorano (“insieme con noi”, si legge in un altro testo del Concilio, la Costituzione Lumen Gentium [n. 16]) il Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini; essi si sforzano di sottomettersi con tutto il cuore ai suoi decreti anche misteriosi, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica si riferisce volentieri. Venerano Gesù come profeta, pur non riconoscendolo Dio, onorano la sua Madre verginale, Maria, che talvolta invocano devotamente. E attendono il giorno del giudizio, quando Dio darà la ricompensa a tutti gli uomini risuscitati. E per questo tengono in onore la vita morale e si rivolgono a Dio moltissimo, con la preghiera, le elemosine e il digiuno». Al n. 5 si ricorda che ogni forma di discriminazione tra gli uomini, anche su base religiosa, deve essere condannata, perché tutti gli uomini sono fratelli. Nel citato discorso di Casablanca, Giovanni Paolo II fa riferimento proprio a questo paragrafo conciliare per dire che la Chiesa «afferma che tutti gli uomini, specialmente gli uomini di fede viva, devono rispettarsi, superare ogni discriminazione, vivere insieme e servire la fraternità universale».
Le conclusioni che trae don Mauro Tranquillo – e noi con lui – sono queste: ♦ Appare chiaro quanto la dichiarazione di Abu Dabhi si allontani non solo e non tanto dalla fede cattolica, quanto dalla stessa concezione classica di fede e di rivelazione per assumere un senso palesemente modernistico e quindi gnostico, in cui Dio appare puro frutto di elaborazioni umane, considerando il contenuto contraddittorio delle religioni rivelate come totalmente irrilevante; ♦ Appare come le religioni vengano presentate come puro servizio umano alla massonica fratellanza universale, come animazioni spirituale delle necessità di un mondo nuovo; ♦ Abbiamo mostrato come la chiesa conciliare persegua esplicitamente tali ideali almeno dal 1965, e come da quella concezione non ci si sia spostati, per dirla con Papa Bergoglio, nemmeno di un millimetro.
Aggiungo che tutto quello che è accaduto in questi decenni sul tema della cosiddetta accoglienza ed integrazione di masse di uomini estranei alla nostra storia, alla nostra tradizione ed alla nostra identità – fino ad arrivare a chiudere le scuole in occasione del Ramadan – è dovuto al fatto che le guide spirituali della Cristianità, a differenza dei secoli passati e in nome dei dettati di un Concilio pastorale che è stato considerato e vissuto come l’unico della storia della Chiesa, si sono prostrate a disegni torbidi ed inquietanti che prevedono la sostituzione della popolazione occidentale. Anni fa un sacerdote amico mi diceva: spero di poter morire nel mio letto da cattolico. Aveva ragione.
Le Vostre conclusioni quali sono?
Il mio ultimo libro, “La porta stretta”, è ancora disponibile. Chi lo volesse o chi vuole regalarlo ad un amico, invii un messaggio al 340.0727761 o scriva a pasqualedanilo.quinto@gmail.com – La porta stretta – Danilo Quinto