Il nemico dell’Occidente è la Santa Vergine Maria
Fonti degli Stati Uniti hanno fatto sapere nei giorni scorsi che la Francia ha già inviato un centinaio di militari della Legione straniera sul campo di battaglia nella regione di Donetsk e intenderebbe rafforzare tale contingente nel prossimo futuro portandolo a circa 1.500 uomini. Emmanuel Macron afferma che se i russi dovessero sfondare le linee del fronte e se ci fosse una richiesta ucraina in tal senso, «dovremmo legittimamente porci la domanda» circa l’invio di truppe della Nato. A parere di David Cameron l’Ucraina – unico Stato al mondo che nelle fila del suo esercito ha una consistente componente che si dichiarata apertamente neonazista – può usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all’interno della Russia. In Italia, elucubrazioni guerrafondaie provengono da più parti, che chiedono l’aumento al 2% della spesa militare o l’invio di truppe NATO in Ucraina. Sono esempi di un’Europa al servizio di èlite prive di qualsiasi legittimazione, autoreferenziali e spregiudicate, che intendono portare il mondo verso una catastrofe. L’azione di vendetta di Israele intrapresa dall’ottobre scorso nei confronti della popolazione palestinese, che potrebbe da un momento all’altro deflagrare in maniera ancora più drammatica, è un altro aspetto che va in questa direzione. Il loro nemico – il nemico dell’intero Occidente – non è la Russia. È la Santa Vergine Maria.
Nella seconda edizione del suo capolavoro Ipotesi su Maria (2016), Vittorio Messori riprende le rivelazioni dello storico russo Edvard Radzinsky in Stalin: la prima biografia approfondita basata su nuovi documenti esplosivi provenienti dagli archivi segreti russi (1997), (pp 472-481). Radzinsky racconta che nel mese di giugno del 1941, a causa del formidabile attacco della Germania, l’Unione Sovietica stava per soccombere. Il capo di Stato Maggiore dell’Armata Rossa, il generale Boris Shaposhnikov, eroe di guerra, portò a Stalin una lettera proveniente da un mistico libanese, tal padre Elia, il quale aveva trascorso tre giorni e tre notti nella cripta della sua chiesa, senza bere né mangiare né dormire, in ginocchio e in preghiera: chiedeva alla Madre di Dio un segno per impedire che i nazisti vincessero. Nella lettera, il mistico rivelava che l’ultimo giorno gli era apparsa, su una colonna di fuoco, la Santa Vergine Maria: ella disse che per salvare Leningrado bisognava che le chiese e i monasteri russi venissero riaperti, che il clero in carcere fosse liberato e che l’icona della Madonna di Kazan fosse portata in processione a Leningrado, Mosca e Stalingrado.
La Madonna di Kazan è un’immagine della Madonna col Bambino, di origine bizantina, datata XI secolo. Si suppone che l’icona originale sia stata dipinta probabilmente a Costantinopoli all’inizio del secondo millennio e fu poi trasportata dalla capitale dell’Impero bizantino ad un monastero di Kazan, a 800 chilometri ad est di Mosca, dal quale, presumibilmente a causa dell’invasione dei Tatari, era scomparsa nel 1209. Dopo la conquista del Khanato di Kazan da parte di Ivan il Terribile nel 1552, fu secondo la leggenda ritrovata miracolosamente l’8 luglio 1579 a Kazan, da cui prende il nome, dopo un violento incendio che aveva quasi completamente distrutto la città. Secondo la tradizione fu la Madonna stessa, apparsa in sogno a una bambina, figlia di un soldato che aveva avuto la casa devastata dal fuoco, a indicarle il luogo dove trovare l’icona: sotto le macerie della sua stessa abitazione. La santa icona venne così alla luce, avvolta in un vecchio drappo e perfettamente conservata. Sin dal rinvenimento del prototipo, furono eseguite innumerevoli copie dell’icona originale. La Madonna di Kazan divenne ben presto la Vergine protettrice della Russia. L’opera originale era composta da una tavola lignea dipinta e parzialmente ricoperta da una riga tempestata di pietre preziose; tutte le copie riprendono lo stesso modello in maniera più o meno ricca. Dopo la sua riscoperta, divenne ben presto l’icona mariana più venerata in Russia nel tardo Medioevo. Era considerata la protettrice della famiglia: una copia veniva donata agli sposi subito dopo la cerimonia nuziale e collocata nella carrozza che li conduceva verso la loro nuova casa, e secondo la tradizione l’icona doveva entrare per prima nella casa, come Signora del focolare domestico.
Stalin fece eseguire alla lettera quanto era scritto nella lettera. Agli ufficiali fu ordinato di ritornare all’antica prassi zarista, secondo la quale le truppe erano avviate alla battaglia al grido di Avanti, con Dio!. Fu loro assegnato un buon numero di quei cappellani che non esistevano più sin dai primi tempi di Lenin. Furono riaperte al culto ventimila chiese e due dei santuari più venerati dal popolo: il monastero della Trinità di San Sergio e quello Tre Grotte a Kiev. La Pravda diede notizia che Stalin aveva ricevuto una delegazione ecclesiastica e scrisse che «il Comandante Supremo delle Armate e Capo del governo ha espresso la sua comprensione alla proposta dei religiosi di eleggere un Patriarca e ha dichiarato che da parte del governo non verrà opposto alcun ostacolo». Era la prima volta per il regime. Nella Leningrado assediata dai nazisti, si svolse una processione con l’icona della Madre di Dio di Kazan. Un’altra processione si tenne a Mosca, mentre era bombardata. Infine, l’icona venne portata in processione a Stalingrado. I russi resistettero. I nazisti furono costretti alla fuga.
L’Occidente – colpevole di non aver compiuto un solo atto di pace, perché non vuole la pace, avendo inteso fin dal 2014 utilizzare l’Ucraina per attaccare la Russia – chieda perdono a Dio e s’impegni ad invocare la protezione della Madre di Dio. La Russia – così cara alla Madre di Dio, che a Fatima ne chiese la consacrazione, cosa che la Chiesa in oltre cent’anni non ha mai fatto nelle forme da Lei indicate – non potrà mai perdere nessuna guerra.
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