L’uomo imprudente dispiace in ciò in cui vuol far piacere
Ho letto per intero – con dolore – l’ultima Enciclica di Bergoglio. Un dolore profondo, dall’inizio alla fine. Il dolore di chi ritiene che un testo della Chiesa universale rivolto ai suoi fedeli debba avere un elemento dal quale non si può prescindere: la Fede. Quest’Enciclica è un testo privo di questo elemento. La dimensione trascendente e spirituale, l’unica in grado d’interpretare il dipanarsi delle vicende umane – la Rivelazione – è ignorata, per far posto ad un “pensiero liquido”, ideologico. La religione cattolica non è questo. Non è un’ideologia. Non è un insieme di idee da esprimere sotto il profilo politico o sociologico. Deriva direttamente dalla Croce, ai piedi della quale devono stare inginocchiati dal papa all’ultimo dei fedeli. La Persona-Dogma affida dalla Croce un unico compito alla Sua Chiesa: la conversione e la salvezza delle anime. Non affida l’interpretazione delle vicende umane sulla base delle “convenienze” e, tanto meno, delle “mode”. Affida il compito evocato alla Verità, che deriva dalle Sacre Scritture, dal Magistero perenne e dalla Tradizione della Chiesa. Questo è il “deposito della fede” e l’unico mandato che deve svolgere colui che siede sulla Cattedra di Pietro è quello di confermare i suoi fratelli nella fede, non è quello di portare a compimento il disegno di costruire una religione diversa da quella cattolica. Per questa ragione, le parole dell’Enciclica creano dolore, perchè mettono in discussione la certezza della fede, che è cristocentrica: si poggia solo sulla vita, sulla morte e sulla resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Va di moda la difesa del creato? Ebbene, attribuire – come fa l’Enciclica – la diffusione della pandemia ai mali derivanti dalla globalizzazione, al capitalismo e alla sua gestione, alla crisi ambientale, celando la responsabilità di un Paese che ha occultato per settimane, se non per mesi, la diffusione al suo interno del Covid-19, com’è emerso in maniera circostanziata, significa rendere un cattivo servizio alla Verità. Con quest’omissione, ci si schiera dalla parte di un regime ateo e comunista come quello cinese, che rappresenta il più grande pericolo dell’odierna vicenda umana e con il quale si fanno accordi per consegnare i martiri nelle mani dei loro carnefici.
Le oligarchie del potere civile utilizzano una “dittatura sanitaria” per consolidare se stesse? La Chiesa non può disinteressarsene o essere addirittura sodale in questo disegno di costruzione di un Nuovo Ordine Mondiale. Non può rispondere a questo disegno – come fa quest’Enciclica – con richiami alle “società aperte” (l’eco a George Soros è implicito), alla libertà, all’uguaglianza e alla fraternità (la “fonte” illuminista e rivoluzionaria dalla quale nacque l’inizio della dissoluzione della società europea originata dalla Massoneria), all’amicizia sociale, al bene morale e alla solidarietà (“categorie” che vengono abusate in tutti i discorsi dei professionisti della politica), al dialogo (termine mai usato nel Vangelo, come se la Verità, che è Cristo solo, dipendesse dal dialogo), alla fratellanza umana e universale (sono certo che anche i membri della Trilaterale e del Gruppo Bilderberg perseguono quest’obiettivo). Se vuole contrapporsi al Nuovo Ordine Mondiale, la Chiesa deve seminare e coltivare il “terreno” di Cristo, non quello dei Suoi nemici. Deve parlare di vita eterna, non di quella mondana.
Bergoglio afferma che nella stesura del testo si è «sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi, per ricordare che Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro». Io, in quanto cattolico, non mi sento fratello nella fede di un mussulmano, di un buddista o di un protestante. Mi sento fratello di coloro che, come me, nutrono fede nell’unico Dio che salva, che è il Dio dei cattolici. Se sono invitato a spogliarmi della mia identità di cattolico, in nome di una “fratellanza umana”, la mia fede viene tradita, perchè la “fratellanza” che mi viene proposta non ha nulla a che fare con quella di San Francesco, che ha un solo punto di riferimento: Dio. Francesco è uomo di Dio, sa di essere nel mondo, ma di non essere del mondo. Il suo amore per la persona umana e per il creato nel suo insieme non è “orizzontale”, è trascendente. Discende dall’amore per Dio. E’ amore per il Verbo Incarnato.
Da quest’amore, San Francesco trae la forza e il coraggio di affrontare nel 1219, durante la Quinta Crociata, il Sultano Malik al-Kamil. Nell’Enciclica si afferma: «Senza ignorare le difficoltà e i pericoli, San Francesco andò a incontrare il Sultano col medesimo atteggiamento che esigeva dai suoi discepoli: che, senza negare la propria identità, trovandosi “tra i saraceni o altri infedeli […], non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio”. In quel contesto era una richiesta straordinaria. Ci colpisce come, ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede».
Che San Francesco «raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”», lo può far credere solo Bergoglio e chi, con lui e per lui, ha scritto quest’Enciclica.
La verità storica è che San Francesco mette nel conto il suo martirio nell’incontro con il Sultano. Nei numeri 2690 e 2691 delle Fonti Francescane, frate Illuminato – compagno di Francesco, che fece parte del primo gruppo di giovani che si strinse attorno a lui e che divise, secondo san Bonaventura, biografo di Francesco, l’esperienza della visita al Sultano – riporta: «Mentre era alla corte, il sultano volle mettere alla prova in questo modo la fede e la devozione che il beato Francesco mostrava d’avere verso il Signore nostro crocifisso. Un giorno fece stendere uno splendido tappeto, decorato quasi per intero con segni di croce, e poi disse ai presenti: “Si chiami ora quell’uomo, che sembra essere un cristiano autentico. Se per venire fino a me calpesterà sul tappeto i segni di croce, gli diremo che fa ingiuria al suo Signore; se invece si rifiuterà di passare, gli dirò perché mi fa questo dispetto di non venire”. Chiamato allora quell’uomo, che era pieno di Dio e da questa pienezza era bene istruito su quanto doveva fare e su quanto doveva dire, passando su quel tappeto si accostò al sultano. Quegli, ritenendo d’aver motivo sufficiente per rimproverare l’uomo di Dio perché aveva fatto ingiuria a Cristo Signore, gli disse: “Voi cristiani adorate la croce, come segno speciale del vostro Dio; perché dunque non hai avuto timore a calpestare questi segni della croce?”. Rispose il beato Francesco: “Dovete sapere che assieme al Signore nostro furono crocifissi anche dei ladroni. Noi possediamo la vera croce di Dio e del Salvatore nostro Gesù Cristo, e questa noi l’adoriamo e la circondiamo della più profonda devozione. Ora, mentre questa santa e vera croce del Signore fu consegnata a noi, a voi invece sono state lasciate le croci dei ladroni. Ecco perché non ho avuto paura di camminare sui segni della croce dei ladroni. Tra voi e per voi non c’è nulla della Santa Croce del Salvatore”». Prosegue Frate Illuminato: «Lo stesso sultano gli sottopose anche un’altra questione: “Il vostro Dio nei suoi Vangeli insegnò che voi non dovete rendere male per male, e non dovete salvaguardare la vostra tonaca (…). Quanto più dunque i cristiani non dovreste invadere le nostre terre (…)”. Rispose Francesco: “Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove, infatti, dice: ‘Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te’. E con questo ha voluto insegnarci che nessun uomo è a noi così amico e così parente, fosse pure a noi caro come un occhio della testa, che non dovremmo allontanarlo, strapparlo e del tutto sradicarlo, se tentasse di distoglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo, i cristiani giustamente invadono voi e le terre che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi”. Tutti gli astanti furono presi da ammirazione per le risposte di lui».
Questa sarebbe la “sottomissione” che San Francesco visse in quell’occasione? Come si possono stravolgere e distorcere fatti storici di tale portata e significato solo per fini speculativi e propagandistici? Come fanno i vescovi a non alzare la loro voce di fronte a tali affermazioni? Vogliono essere complici? Un giorno, un amico sacerdote, riferendosi alla presenza islamica nel nostro Paese, mi disse: “spero di morire nel mio letto da cattolico”. Se le guide spirituali tacciono, le parole di quel sacerdote possono considerarsi profetiche. Dovremmo condividere il “sentire” del Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb e convertirci all’Islam per sopravvivere, richiamando per giunta la “tradizione cristiana” rappresentata dalla vita di San Francesco d’Assisi?
Quest’Enciclica crea Magistero. E’ essa stessa Magistero. E’ un testo che fa scandalo, dedicato ad un mondo che ha dimenticato Dio e che – con l’aiuto determinante della gerarchia cattolica degli ultimi sessant’anni – ha creato i suoi idoli pagani.
A proposito di San Francesco, dal quale Bergoglio trae ispirazione: nella sezione terza, n. 2642, delle Cronache Francescane scritte da Salimbene de Adam, viene riportato un episodio della vita del Santo di Assisi, che per un periodo di riposo, si recò al convento di Ferrara, dove aveva abitato per sette anni. Francesco osservò che alla mensa, sia a pranzo, sia a cena, si sedevano accanto a lui sempre gli stessi frati e concluse che il guardiano faceva preferenze di persone. Commentò: «L’uomo imprudente dispiace in ciò in cui vuol far piacere».