San Gaspare del Bufalo e le anime del Purgatorio
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La copertina del mio libro Quel secondo regno è dedicata ad un grande santo, Gaspare del Bufalo (1786-1837), raffigurato in un famoso e bellissimo dipinto del Maestro Giovanni Gasparro (1983).
Il 6 gennaio 1786, la famiglia romana Del Bufalo, nobili decaduti, è allietata dalla nascita di un figlio che viene battezzato – in onore della solennità dell’Epifania – Gaspare, Baldassarre, Melchiorre. Fin da piccolo dedito alla preghiera e alla penitenza, Gaspare frequenta il Collegio Romano allora affidato al clero secolare, in seguito alla soppressione della Compagnia di Gesù. Dal momento, però, che suo padre fa il cuoco presso Palazzo Altieri, davanti alla Chiesa del Gesù, Gaspare impara a conoscere e venerare san Francesco di Sales (1567-1622), al quale attribuisce una miracolosa guarigione ottenuta in gioventù.
Nel 1798, Gaspare veste la talare e inizia ad occuparsi dell’assistenza spirituale e materiale dei bisognosi di Roma. Si distingue per l’impegno nell’opera del Catechismo, che organizza nell’oratorio della chiesa di Santa Maria del Pianto, dove si dedica in particolare a spiegare la dottrina ai barozzari, i carrettieri che dalla campagna arrivano a portare il fieno nel cosiddetto Campo Vaccino, come veniva chiamato all’epoca il Foro Romano. Si preoccupa anche di preparare un gruppo di giovani scelti per l’insegnamento della catechesi e li invia ad occuparsi dei poveri, facendo di fatto rinascere l’Opera di Santa Galla. Nel 1808 viene ordinato sacerdote e intensifica l’apostolato tra le classi popolari trasformando, tra l’altro, la chiesina di Santa Maria in Pincis, presso la Rupe Tarpea, in un fiorente centro di pietà.
All’epoca di Gaspare, Roma e lo Stato Pontificio sono occupati dalle truppe napoleoniche. La notte tra il 5 e il 6 luglio 1809 la situazione precipita e Pio VII (1742-1823) viene imprigionato e deportato. Contemporaneamente, Napoleone (1769-1821) impone a vescovi e parroci della città di firmare un giuramento di fedeltà al nuovo regime. Il 13 giugno 1810 il giuramento viene imposto anche a don Gaspare, che però rifiuta pronunciando le parole Non debbo, non posso, non voglio. A questo punto viene imprigionato e condotto in esilio. Sconterà la sua pena nelle carceri di Piacenza, poi Bologna, Imola e infine Lugo, vicino Ravenna, in tutto quattro anni. Tornerà a Roma solo nel 1814.
Nel 1815, Gaspare fonda una nuova congregazione, chiamata dei Missionari del Preziosissimo Sangue. È questa la devozione che sente più vicina, strettamente collegata a quella del Sacro Cuore di Gesù, e ne diventa l’apostolo più ardente. Solo il sangue versato da Cristo per la redenzione degli uomini, infatti, è strumento per la conversione dei peccatori. Pio VII si accorge del suo zelo e affida alla sua congregazione il compito di rievangelizzare e restaurare la fede nei territori dello Stato Pontificio. In pratica gli chiede di andare lì dove nessuno vuole andare e di confrontarsi con persone con cui nessuno vuole avere nulla a che fare. Sono principalmente due le piaghe che affliggono Roma e che Gaspare con i suoi missionari deve affrontare: la massoneria e il brigantaggio. Contro le società segrete, considerate fucine di un pericoloso laicismo ateo, le sue doti di predicatore toccano picchi impensati e raggiungono risultati insperati: riesce a riportare sulla retta via intere logge e a far venire alla luce un problema nascosto, tanto da guadagnarsi il soprannome di “martello dei settari”. Non meno efficace il suo operato con i briganti: in missione sulla via tra Roma e Napoli, armato solo di un crocifisso e della misericordia evangelica, Gaspare parla con loro, spiega il sacrificio di sangue che Gesù ha fatto per la salvezza di tutta l’umanità. E così, pian piano, riesce in quello in cui non era riuscito nessuno: rendere la città più sicura.
Nel 1834, Gaspare fonda il ramo femminile della congregazione: le Suore adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo. Tre anni dopo, muore. Verrà canonizzato da Pio XII (187-1958) nel 1954.
Questa la preghiera al Sangue di Gesù di san Gaspare del Bufalo:
«O sangue prezioso del mio Signore, che io ti benedica in eterno.
O amore del mio Signore divenuto piagato!
Quanto siamo lontani dalla conformità alla tua vita.
O sangue di Gesù Cristo, balsamo delle nostre anime, sorgente di misericordia, fa’ che la mia lingua, imporporata di sangue nella quotidiana celebrazione della Messa, ti benedica adesso e sempre.
O Signore, chi non ti amerà?
Chi non arderà di affetto verso di te?
Le tue piaghe, il tuo sangue, le spine, la croce, il divin sangue in particolare, versato fino all’ultima stilla, con quale voce eloquente grida al mio povero cuore!
Poiché tu agonizzasti e moristi per me per salvarmi, io darò, se occorre, anche la vita, perché giunga al possesso beato del cielo.
O Gesù, sei stato fatto per noi redenzione.
Dal tuo costato aperto, arca di salvezza, fornace di carità, uscì sangue ed acqua, segno dei sacramenti e della tenerezza del tuo amore, o Cristo, che ci hai amati e lavati nel tuo sangue!».
Davanti al crocifisso, san Gaspare diceva: «Vedete quante piaghe, quanto sangue per le nostre colpe!». Il suo pensiero rispecchia tutta la tradizione e predicazione cristiana dalle origini. Così le parole di Giovanni Battista (fine I sec. a.C.-29/32 d.C.): «Ecco l’agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo!», vogliono significare il sacrificio che Gesù avrebbe fatto di se stesso sulla Croce per la salvezza dell’uomo. Lo stesso concetto è espresso da S. Pietro: «Voi sapete che non per mezzo di cose corruttibili, come l’oro e l’argento, siete stati riscattati dalla vana maniera di vivere ereditata dai vostri padri, ma dal Sangue Prezioso di Cristo, l’Agnello senza difetto e senza macchia». Anche san Paolo (4-64 o 67) attesta: «In Lui possediamo la redenzione mediante il Suo sangue». La stessa verità è proclamata da san Giovanni Evangelista (10 d.C.-98 d.C.): «Il Sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato». E ancora san Giovanni vide una turba immensa di beati, che glorificava Dio acclamando: «La salvezza al nostro Dio che siede sul trono, e all’Agnello!». San Gaspare iniziava la sua giornata inginocchiato ai piedi di Gesù crocifisso, per prepararsi meno indegnamente alla celebrazione della Santa Messa. Una volta, san Gaspare confessò candidamente: «Un certo timore del tribunale di Dio mi sorprende talora, ma il Divin Sangue è il mio conforto».
Gli fu familiare la giaculatoria, diffusa dai Padri Passionisti: «Eterno Padre, io vi offro il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo in isconto dei miei peccati, per i bisogni della S. Chiesa, in suffragio delle anime del Purgatorio». Con parole accorate e persuasive apriva i cuori di tutti alla speranza: «Per quanto siano gravi i vostri peccati, tutto dovete sperare dai meriti del Sangue Preziosissimo e dall’intercessione di Maria Santissima!».
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